Titolo: Profumo di mare
Autore: Fabiana Andreozzi e Sara Pratesi
Editore: Darcy edizioni
Genere: romanzo breve (collana seasons) - rosa contemporaneo
Costo: 1.99€ in ebook - 10€ cartaceo - gratis con KU - in offerta a 0,99€ in preorder e per i primi giorni
Pagine: 200 circa
Trama:Ci sono cose che non tramontano mai, che restano immutate nel tempo; la bellezza di un bagno nel mare cristallino a mezzanotte, i falò sulla spiaggia cantando stonate canzoni accompagnate da una chitarra, il gelato in un’afosa giornata estiva, i primi batticuori, i primi baci, le prime volte, i primi amori e il profumo del mare.
In un’isola immersa nelle acque dell’arcipelago toscano, il tempo sembra tornare indietro a giorni lontani quando, durante le vacanze, Allegra ritrova il suo vecchio “amico”, che amico poi non era, per lei lui era il Demonio, che tramutava il paradiso marittimo, in un inferno fatto di dispetti e battibecchi.
Eppure adesso lui non è più un bambino di tredici anni, lei non ha più i denti da latte… adesso lui è un uomo e lei una giovane donna che resta subito affascinata da quegli occhi di caramello. Peccato che lui resti sempre il solito ragazzino dispettoso e irritante. Stare lontani, quando si ha a che fare con i primi amori, è difficile e riuscire a controllare le emozioni, che esploderanno come onde sugli scogli di Pomonte, non sarà semplice. E se l’unico ricordo di questa estate, di queste emozioni, fosse solo un profumo di mare?
PROLOGO
Isola D’Elba, giugno 2012
Come ogni anno, di questi periodi, l’odore del pesce fresco
che mia madre ha comprato stamani da Sandro, il pescivendolo, giù in paese che
mi regala sempre qualche caramella all’anice anche se poi a me fa schifo,
riempie tutta l’aria intorno a casa nostra. Il profumo agre della griglia, le
voci di mio padre Giorgio e Claudio che ridono arrivano fino a qui, di sicuro
stanno tenendo in mano una birra ghiacciata come fanno sempre, li ascolto
appollaiata su questi scalini in pietra che si affacciano su una caletta minuscola
fatta di grossi sassi grigi, su cui sta a malapena un asciugamano, che si
gettano nel mare azzurro e trasparente di Pomonte.
Cavolo, ero quasi riuscita a far fare cinque rimbalzi al
sassolino piatto che ho faticosamente trovato; me ne sto rintanata qui, a
giocare tranquilla prima di correre su per la scalinata che mi riporterà a
casa, dove mia madre avrà imbandito il grande tavolo di legno sbiancato dal
sole con piatti e bicchieri colorati, bibite, vino per gli adulti e tante
patatine che adoro sgranocchiare. Sollevo la testa verso due gabbiani che si
rincorrono nel cielo terso; giusto una nuvoletta che sembra una pecorella
smarrita imbratta il celeste e mi viene da sorridere pensando a La gabbianella e il gatto e subito volo
con la fantasia, immaginando che stiano andando a cibarsi di aringhe per poi
intraprendere una grande avventura.
Lancio un altro sasso e guardo attenta i rimbalzi sulla
cresta dell’acqua.
«Uno… due… tre… quattro…» conto emozionata, sperando di
battere il mio record di sei, ma un sasso più grande, all’improvviso, affonda
la mia piccola pietra buttandola sott’acqua.
«Lo sapevo che eri stato tu!» Lo accuso puntandogli contro
l’indice, Luca ride. Lo odio! Lo odio!
Quel ragazzino scemo mi dà sempre il tormento, quando leggo
viene sempre a punzecchiarmi e a spruzzarmi l’acqua, rischiando di rovinare le
mie pagine, e lui, in risposta, urla che sono una secchiona noiosa.
«Uff, quanto sei pallosa» sbuffa con quei capelli chiari che
coprono la fronte, diventano sempre un po’ ricci quando li lascia asciugare
all’aria. I suoi occhi marroni mi balzano addosso, ridenti, derisori. Lo odio,
se non si fosse capito! Non so come Rachele, che ha un anno più di me, possa
trovarlo carino e regalargli persino bigliettini a forma di cuore.
«Perché mi dai sempre noia?» chiedo arrabbiata, stringendo i
piccoli pugnetti. «Sei antipatico e cattivo come tutti i tredicenni!»
«Disse quella che ha ancora i denti da latte!»
«Non fare il grande, tu i tuoi li hai persi del tutto un
mese fa» ribatto fiera. «Io ho dieci anni, ma sono più intelligente di te,
almeno io leggo!»
«Per questo nessuno vuole passare il tempo con te, Gramy.»
«Smettila di chiamarmi così.»
«Ma sei una gramigna, Gramy è simpatico.» Si avvicina,
saltellando su quei sassi come una cavalletta, e si aggrappa a una ciocca dei
miei capelli, che tira facendomi scappare un urlo più di rabbia che di dolore.
«Sei cattivo!» strillo rossa in viso.
«Vai, corri a fare la spia al babbo e alla mamma.» Mi fa il
verso con una vocetta stridula e poi inizia a ridere di gusto; gonfio le gote,
serro più forte i pugni e poi carico come un toro contro di lui, facendolo
cadere con il sedere dentro il mare. Lui, sconfitto e bagnato dalle onde
flebili, mi guarda con occhi sgranati e l’aria infuriata.
«Questa me la paghi» minaccia, rialzandosi con i calzoncini
bagnati e pieni di sabbia.
«Prima devi prendermi!» Cocciuta rispondo per le rime, poi
mi volto rapida e corro veloce su per la scalinata ripida. Via via che macino
scalini, l’odore della grigliata e il suono delle voci dei nostri genitori si
fa sempre più vicino e forte, ma proprio un attimo prima di riuscire ad
avvicinarmi al gruppetto di adulti che conversano ridendo, mentre controllano
calamari, gamberi e orate, mi sento afferrare per il vestitino azzurro, il mio
preferito, e scorgo Luca che mi ha quasi acchiappata.
«Non mi faccio prendere da te» dico agitandomi e virando
dalla parte opposta, verso la pineta. Continuo a correre dribblando gli alberi,
cercando di scansare le pigne che sono cadute dai rami e ignoro lo scoiattolo
che scappa sul tronco; non devo farmi prendere: se lui riuscirà ad acciuffarmi,
so che mi farà un dispetto per farmi pagare il gesto di spingerlo in mare.
Quando mi volto per osservare se l’ho seminato mi blocco,
notando che dietro di me non c’è più nessuno.
Esulto, ci sono riuscita! Ma adesso non so dove sia e non so
se si è nascosto o se si è arreso ed è tornato verso casa nostra; sì, nostra,
perché quel bambino antipatico vive con la sua famiglia proprio nella stessa
casa, divisa in due abitazioni che condividono l’aia e tutto il giardino.
Il rumore secco di un ramo calpestato mi fa saltare per aria
spaventata, cerco con lo sguardo tra le frasche da cui è arrivato quel rumore
inquietante, ma non riesco a vedere nulla. All’improvviso mi torna in mente la
storia che Luca mi ha raccontato qualche sera prima, durante un falò in
spiaggia, quando ci eravamo allontanati dai genitori; la storia parlava di un
galeotto fuggito di prigione qualche mese fa, diceva che si tratta di un
pericoloso assassino di bambine, che le rapisce nel bosco e le porta in una
casetta sperduta sulle montagne della Volterrana, una volta lì le lega, fa
mangiare loro dei vermi e poi le uccide, mandando alle famiglie un pacco
contente la loro testa mozzata con un seghetto. Non gli ho mai dato peso, ma la
sera comincia a scendere veloce, il sole sta calando e nei dintorni si sente
solo il frinire dei grilli. Poi, nel silenzio della pineta, un altro rumore
sordo e quel che mi sembra una risata grave.
«Luca?» chiamo impaurita. E se fosse l’assassino di bambine?
Se mi prendesse e mi facesse mangiare lombrichi prima di tagliarmi la testa? Ho
paura e Luca non risponde, nessuno risponde, solo un altro passo nel fogliame
secco.
«Luca, sei tu? Non è divertente!» Ma ancora nessuno
risponde.
Voglio la mia mamma o il mio babbo, così comincio a fare dei
passi indietro, senza staccare gli occhi dal groviglio di piante da cui ho
sentito i passi e la risata.
Faccio movimenti lenti, cammino come un gambero, arretro
guardinga, mentre sento il mio cuore battere furioso, come un matto.
«Allegra» sento dire il mio nome con una voce spaventosa e
allora caccio un urlo terrorizzato e prendo a correre a perdifiato verso casa,
sono così impaurita che corro più veloce del vento, guardando spesso dietro di
me, ma dopo poche falcate mi ritrovo per terra, col sedere dolorante e il cuore
in tumulto.
«Sei un idiota!» grido con quanto fiato ho in gola, appena
mi rendo conto di aver sbattuto contro Luca che se la ride piegato in avanti
sulle ginocchia magroline. È secco come un fuscello, ma lui non si è
praticamente smosso, mentre io sono caduta sporcando l’abito che preferisco.
«Dovresti vedere la tua faccia, Gramy.»
«Non è stato divertente. Mi hai fatto una paura tremenda»
brontolo alzandomi dolorante e con la voglia di mettermi a piangere. Ma non
voglio farlo davanti a lui, anche se le lacrime pungono gli occhi peggio di spilli.
«Lo è invece, se solo tu potessi vederti, rideresti pure
tu.»
«Lo dirò a Elena, a tua mamma, che ti metterà in punizione»
minaccio lasciando perdere la lacrima che scende sulla guancia e mi incammino
verso l’aia.
«Sei una spiona» borbotta lui che mi segue, ma ha perso
tutta la sua sicurezza.
«Tu sei perfido.» Non lo guardo, nascondo il volto dietro i
capelli neri che mi scendono come tende sui lati del viso, mi ha fatta piangere
e odio quando lo fa, cioè molto spesso.
«Perché Elena e Claudio dovevano avere un figlio come te?»
lo osservo, asciugandomi rabbiosa le lacrime con i palmi delle mani, mentre lui
guarda verso il cielo.
«Noiosa che sei. Con te non ci si può divertire mai.»
«Perché tu ti diverti in modo stupido.»
«Tu sei stupida.»
«Ho letto più libri di te.»
«Perché sei noiosa come loro, ci credo!»
Mi fermo un attimo per emettere un suono gutturale tra i
denti stretti per sfogare la rabbia, porca puzzola quanto lo odio! Non c’è pace
con lui. Qualche attimo dopo lui si avvicina al mio orecchio a sussurrarmi:
«Hai un ragno gigante sulla schiena.»
Lo sento ridere più forte, non appena io comincio a correre
di nuovo sbracciando nel tentativo di toglierlo.
«Allegra? Che succede?» Mia madre mi corre incontro, mio
padre e gli altri si zittiscono lasciando perdere tutto il resto e me li
ritrovo tutti attorno. Mia mamma Rita è chinata con le mani sulle mie braccia
impolverate.
«Luca mi dà noia, mi ha fatto paura e ha detto che ho un
ragno, toglimelo!» la imploro in lacrime e mia madre, dopo avermi controllata
bene, mi stringe al suo petto, lisciandomi i capelli neri.
«Non c’è nessun ragno, stai tranquilla.» Solo dopo altre
rassicurazioni e carezze riesco a tranquillizzarmi, proprio un attimo prima di
sentire Luca arrivare e la voce di suo padre Claudio che si fa profonda.
«Ragazzino, sei in punizione!»
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