martedì 31 marzo 2020

RECENSIONE: "La vita bugiarda degli adulti" di Elena Ferrante

Crescere per diventare cosa, per assomigliare a chi?

Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.

ESTRATTO:
«Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto — gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole — è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione».

RECENSIONE:
Con "La Vita bugiarda degli adulti" la Ferrante torna nella sua Napoli per raccontare la storia di un'adolescente, della sua famiglia, del mondo degli adulti: un mondo di piccole e grandi bugie, delusioni e dolori.

Giovanna, è la voce narrante di quest'ultimo romanzo della Ferrante. Gli occhi di un'adolescente che annaspa tra presente e futuro, alla ricerca delle sue radici, in conflitto con se stessa e con il mondo.

Una storia complessa, a tratti cruda, dove le donne sono al centro della narrazione. Donne colte e analfabete egualmente impotenti: perennemente ingannate, pronte a iconizzare l'uomo che le ha lasciate, perse nei ricordi di un passato felice. Donne accostate a personaggi maschili meschini, ipocriti e destinati al tradimento o in odore di santità.

A differenza de "L'amica geniale" non è un romanzo corale, ma più intimista. I personaggi, sebbene tratteggiati con maestria sono meno "possenti".
Mancano i colori, gli odori, i rumori della Napoli che si respirano nei romanzi di Lila e Lenù.

Ma il linguaggio della Ferrante è superbo: magnetico, a tratti crudo, ma assolutamente irresistibile.
Il finale mi ha spiazzato: è come se la narrazione si fosse troncata di colpo. Tanto che ho cercato nella pagina successiva un seguito.
Chi non vorrebbe sapere cosa succederà a Gianní? Mi auguro che questo sia il primo volume di una saga.
Voto 4/5

Paola Actis

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